Ammanco di cassa: responsabilità dell’amministratore

Avv.Enzo Rocco – “Il condominio Nuovo”


Un interessante caso di lite tra il condominio e l’amministratore uscente.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte con sentenza  depositata il 10/05/2013  n.   11132, riguarda l’amministratore di un condominio  che notifica un D.I.  per compensi non corrisposti. Si oppone il condominio eccependo:

1- la carenza di prova scritta del credito;

2- l’avvenuto pagamento;

3- sollevando eccezione di prescrizione ai sensi dell’art. 2955 c.c., n. 2;

ed infine  propone domanda riconvenzionale in ordine alla corresponsione della somma di €……… pari all’ammanco di cassa accertato nel verbale di assemblea del ………….

Il Giudice Unico del Tribunale di Palermo respinse l’opposizione e condannò il Condominio al pagamento delle spese processuali. Quanto alla domanda riconvenzionale, in particolare, rilevò che nessuna delle censure mosse all’operato dell’ex amministratore era provvista di fondamento.

Con la sentenza di II grado la Corte di Appello di Palermo, riteneva fondato il quarto motivo di appello del Condominio, relativo a detta domanda riconvenzionale, e condannava  l’amm.re  a corrispondere al Condominio la somma rivalutata di Euro 12.659,98, oltre interessi legali.

Precisava la Corte territoriale che, pur non essendovi prova di un’indebita appropriazione di denaro da parte del C., quest’ultimo, delegando al portiere l’esecuzione di un compito spettantegli, in qualità di amministratore, a norma dell’art. 1130 c.c., n. 3, aveva assunto uno specifico dovere di vigilare affinchè detto compito venisse assolto con onestà e correttezza. Considerato quanto, in effetti, pacificamente verificatosi, l’amministratore non aveva, però, allegato nè, tanto meno, dimostrato, come era suo onere, di avere svolto i necessari controlli, anche preventivi, perchè non si verificasse l’ammanco di cassa, essendosi egli limitato a formulare al portiere contestazioni formali sul fatto, insufficienti a dimostrare di avere adempiuto al suddetto obbligo di vigilanza. Non poteva farsi luogo alla chiesta compensazione, attesa la disomogeneità dei titoli da cui traevano origine le contrapposte pretese.

Con il ricorso in Cassazione l’amministratore ebbe a dolersi del fatto che  la Corte territoriale non avrebbe  tenuto conto del principio secondo cui, per presunzione di legge, per effetto del solo silenzio del mandante, si avrebbe un’approvazione (o ratifica tacita) dell’operato del mandatario, anche se questi si sia discostato dalle istruzioni o abbia ecceduto i limiti del mandato. Ai fini dell’applicazione del principio, presupposti indefettibili sarebbero l’esecuzione del mandato, nonchè la conoscenza da parte del mandante delle attività che il mandatario ha posto in essere in modo divergente dalle sue attribuzioni ovvero eccedendo i limiti del mandato medesimo, entrambi sussistenti, secondo il ricorrente, nel caso in esame. Aggiungeva inoltre, che  del tutto omessa risultava  la motivazione  della sentenza con riferimento al principio secondo il quale è attribuzione del portiere l’esazione dei contributi condominiali così come peraltro previsto nei contratti di lavoro. Del tutto omessa risulterebbe, ancora, la motivazione con riferimento al principio, secondo il quale il portiere percepisce un’indennità specifica in relazione alla mansione di esazione delle quote condominiali. Insufficiente, e comunque contraddittoria, infine, risulterebbe la motivazione con riferimento all’attribuzione all’amministratore, sempre e comunque, di una culpa in vigilando. La Corte di Appello, infatti, parte e si arresta al fatto storico, cioè l’ammanco di cassa per appropriazione delle quote condominiali da parte del portiere. E, sol per questo, ha attribuito automaticamente all’amministratore pro tempore la responsabilità nei confronti del Condominio, con conseguente violazione anche dell’art. 2697 c.c..

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso per vizi di inammissibilità dei motivi perché non correttamente formulati. Testualmente: “Il primo e il secondo motivo di ricorso si rivelano inammissibili per inidoneità del quesito di diritto formulato; il terzo e il quarto motivo di ricorso, che prospettano vizi motivazionali, si rivelano entrambi inammissibili per mancanza del prescritto “momento di sintesi”.

A prescindere dalle motivazioni di rigetto che come dicevamo sono di carattere procedurale, l’insegnamento della sentenza in esame  Cassazione 10/05/2013 N. 11132 riguarda la necessaria difesa dell’amministratore nel caso di appropriazione di somme da parte del portiere. Egli deve difendersi dimostrando come abbia posto in essere tutte le attività necessarie per escludere la culpa in vigilando. Deve quindi provare di avere costantemente controllato l’operato del portiere con la consegna ed il ritiro dei prospetti degli oneri condominiali da incassare, aver sollecitato la consegna dei saldi. Contestato immediatamente la mancata resa, e tutto quanto altro. Ciò al fine di dimostrare appunto che era stata solo la condotta appropriativa del portiere a determinare l’evento.


Tratto dalla rubrica “Casi Pratici” de Il Condominio Nuovo. Per leggere molti altri interessanti articoli collegati a: shop.ilcondominionuovo.it e abbonati alla rivista.

 

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